Il consenso informato
Congregazione Suore dell’Addolorata Serve di Maria
ll consenso informato è la manifestazione di volontà che il paziente, preventivamente informato in maniera esauriente dal medico su natura e possibili sviluppi del percorso terapico, dà per l’effettuazione di interventi di natura invasiva sul proprio corpo.
Il consenso informato è un momento importante nel rapporto che il terapeuta intrattiene con il paziente. Esso è funzionale, da un lato a fondare la fiducia del paziente nel terapeuta e dall’altro a rendere partecipe, responsabilizzandolo, il paziente sulle ragioni e la fondatezza del percorso terapeutico individuato dal medico secondo scienza e coscienza.
Tale aspetto, nella attuale evoluzione sia della scienza medica che della legislazione, non si fonda più solo sulla maggiore o minore sensibilità del medico ma si configura soprattutto come un preciso diritto del cittadino nella sua veste di paziente.
Il consenso è personale e non delegabile ad altri, salvo per i soggetti incapaci per infermità o resi inabili per malattia o per i minori per i quali il consenso deve essere richiesto al tutore o a colui che esercita la patria potestà.
Il consenso è indispensabile per ogni atto medico e non può ritenersi implicito all’accettazione della cura quando si tratti di momenti diagnostico terapeutici capaci di comportare un qualche particolare rischio o una qualche permanente menomazione.
L’acquisizione del consenso informato in forma scritta è preciso dovere del medico. Tale documentazione consiste nella sottoscrizione da parte del paziente di un modulo in cui sia specificata la natura dell’atto medico chirurgico proposto, le cui fondamentali caratteristiche e i cui prevedibili rischi siano pienamente illustrati al paziente medesimo.
Inquadramento giuridico
Il diritto in questione non è il risultato di una normativa specifica quanto piuttosto di una lettura costituzionalmente orientata di alcune fonti primarie.
Ci si riferisce, principalmente, agli articoli 13 e 32 della Costituzione.
Nel primo si afferma che “la libertà personale è inviolabile”.
Nel secondo si afferma che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
In sintesi, il diritto del paziente di formulare un consenso informato all’intervento “appartiene ai diritti inviolabili della persona, ed è espressione del diritto all’autodeterminazione in ordine a tutte le sfere ed ambiti in cui si svolge la personalità dell’uomo, fino a comprendere anche la consapevole adesione al trattamento sanitario (con legittima facoltà di rifiutare quegli interventi e cure che addirittura possano salvare la vita del soggetto)”.
Il consenso deve essere frutto, quindi, di un rapporto reale e non solo apparente tra medico e paziente, in cui il sanitario è tenuto a raccogliere un’adesione effettiva e partecipata, non solo cartacea, all’intervento.
Esso non è dunque un atto puramente formale e burocratico ma è la condizione imprescindibile per trasformare un atto normalmente illecito (la violazione dell’integrità psicofisica) in un atto lecito, fonte appunto di responsabilità”.
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